29 settembre, 2012 – 10 febbraio, 2013
Capogrossi. Una retrospettiva
A cura di Luca Massimo Barbero
Collezione Peggy Guggenheim – nuova ala

Il segno inconfondibile di Giuseppe Capogrossi, così come il gesto di Lucio Fontana e la materia di Alberto Burri, hanno lasciato una traccia indelebile nella storia dell’arte italiana del XX secolo. Con Capogrossi. Una retrospettiva, la Collezione Peggy Guggenheim rende omaggio a uno dei protagonisti assoluti della scena artistica del secondo dopoguerra, approfondendo una linea d’indagine perseguita attraverso le recenti personali dedicate ad Adolph Gottlieb, Lucio Fontana, William Baziotes, Jackson Pollock, Germaine Richier e Richard Pousette-Dart, e incentrata sull’emblematica generazione d’artisti internazionali del secondo dopoguerra, il cui linguaggio pittorico nasce e matura negli anni del collezionismo di Peggy Guggenheim.

Realizzata in collaborazione con la Fondazione Archivio Capogrossi di Roma, la grande antologica a cura di Luca Massimo Barbero intende ripercorrere l’iter artistico di Giuseppe Capogrossi (1900 – 1972), portando in scena oltre settanta opere, tra dipinti e lavori su carta, provenienti da importanti musei e collezioni private. Partendo dagli esordi figurativi degli anni ’30, contraddistinti da una pittura tonale densa di contenuti originali durante il periodo della Scuola Romana, si arriva, attraverso un breve periodo così detto neo cubista, alla produzione astratta degli anni ’50 e ’60, con le grandi tele dominate dalla forma-segno che, coniugandosi in infinite composizioni, giunge a costruire lo spazio del quadro, rappresentazione simbolica di una interiore organizzazione spaziale. Le sue opere sono dominate da quell’innovativo “alfabeto”, che ha reso celebre l’artista, e in esse si fa sempre più chiara l’importanza del segno che caratterizza in modo assolutamente personale la sua ricerca. In mostra la grandiosa tela acquisita nel 1958 dalla Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, Superficie 210 del 1957 (foto).