Roma 1948 – Arte italiana verso Israele

Nel 1948 nella capitale settanta artisti mossi da una volontà di «solidarietà e umana simpatia verso il popolo d’Israele che combatte per la propria libera esistenza» (recita lo spartano pieghevole che funge da catalogo della mostra), si uniscono liberamente per organizzare una mostra nella Galleria d’Arte Antica di Palazzo Torlonia, mettendo in vendita le opere, il cui ricavato «andrà a beneficio del fondo internazionale pro Stato d’Israele». Per rafforzare l’iniziativa, gli antiquari (molti appartengono ad autorevoli famiglie di origine ebraica), offrono oggetti d’arte da sorteggiare tra gli acquirenti.  La «Mostra d’arte pro Nuovo Stato d’Israele» apre il 15 giugno, un mese dopo che l’Onu ha sancito la creazione dello stato d’Israele, quando il giorno prima Ben Gurion ha dichiarato la nascita della nazione israeliana. Questa vicenda straordinaria di cui se ne era persa memoria, è molto bene ricostruita nella mostra «Roma 1948. Arte italiana verso Israele», curata da Davide Spagnoletto e da Giorgia Calò al Museo Ebraico di Roma fino al 10 ottobre.  Promossa dalla Comunità Ebraica e dalla Fondazione per il Museo Ebraico di Roma, rispettivamente presiedute da Ruth Dureghello e da Alessandra Di Castro, in collaborazione con il Tel Aviv Museum of Art (Israele), diretto da Tania Coen−Uzzielli. Inoltre hanno contribuito il Ministero della Cultura italiano e l’Ambasciata d’Italia a Tel Aviv.
In questa vicenda storico artistica, Giuseppe Capogrossi si adopera per la sua riuscita entrando nel comitato promotore dell’esposizione, che riunisce, tra gli altri, i giovani Salvatore Scarpitta, Toti Scialoja, Aldo Natili, Renato Guttuso, che ha militato nella Resistenza, Carlo Levi, che ha operato durante il fascismo.  Al loro fianco sono gli intellettuali: da Sibilla Aleramo a Giulio Carlo Argan, da Alberto Moravia a Goffredo Petrassi, da Lionello Venturi a Ignazio Silone. Alla fine nessuna opera è venduta, per cui tutte le opere sono donate allo stato israeliano e ora conservate nel Tel Aviv Museum of Art.  In mostra a Roma anche la Ballerina stanca (1946) di Capogrossi, che si è rivelato un inedito importante nel corpus delle Ballerine dipinto dall’artista (scheda di Francesca Romana Morelli). Eseguita nel 1946, l’opera è da mettere in relazione con altri due dipinti coevi, Ballerina in riposo e Seggiola veneziana, in quest’ultimo sembra che una ballerina si sia spogliata e abbia gettato alla rinfusa il costume sulla sedia. D’ora in poi Capogrossi sembra abbandonare il tema delle Ballerine e orientare lo sguardo oltre la realtà naturale, fino a raggiungere lo spazio della rappresentazione. Osserva Guglielmo Capogrossi: «Si potrebbe dire che la reiterazione quasi ossessiva di questo soggetto [le Ballerine N.d.A.] anticipi in un certo senso le infinite variazioni di quella particolarissima forma-segno» che caratterizzerà la pittura informale dell’artista. (Capogrossi, Morelli, 2012, p.366).

GIUSEPPE CAPOGROSSI
Ballerina stanca, 1946
olio su tela di cotone, armatura spina di pesce, rifilata su tre lati e con cimasa in opera sul quarto, cm 72,7×54,7
basso/destra:  «Capogrossi/46»
Tel Aviv Museum of Art, Tel Aviv

Foto dell’evento